Vivere con lo spread a 300, cosa cambia per gli italiani

Attualità — By on 2018/05/31 12:48

Lo spread torna nel lessico quotidiano degli italiani. La brusca impennata degli ultimi giorni genera una serie di effetti sulla vita degli italiani, alcuni immediati e altri a medio termine.

Lo spread è il divario tra i rendimenti di due titoli con carrateristiche simili. Il principale riferimento è la differenza tra i tassi di interesse tra i titoli di Stato di Italia e Germania sulla scadenza a 10 anni. Tale differenza oggi è arrivata a 300 punti ed il risultato del rendimento del Btp al 3,11% con quello del Bund allo 0,28%.

Il drastico ampliamento dello spread ha conseguenze che non si limitano al rendimento dei titoli di Stato ma si propagano su tutte le attività finanziarie ed economiche.

Il rialzo dello spread ha effetti su Bot e Btp ed alcune conseguenze sono immediate. È il caso della vendita di titoli di Stato da parte del Tesoro. Oggi all’asta di Bot a sei mesi il tasso di interesse è salito all’1,213% rispetto a -0,41% della precedente. Per questa sola emissione (lo Stato prende a prestito soldi per finanziare il debito pubblico) il maggior costo supera gli 80 milioni di euro rispetto a un mese fa. Considerando che i Bot in circolazione ammontano a circa 110 miliardi di euro, su base annuale la spesa per interessi lieviterebbe di 1,3 miliardi.

Paradossalmente questa dinamica fa percepire un effetto positivo ai piccoli risparmiatori che possono investire a tassi più alti i propri soldi senza valutare l’aumento del rischio. Ciò in quanto l’aumento del rendimento (quindi del rischio) fa scendere il prezzo di un titolo.

L’impennata dei tassi di interese sui titoli di Stato rende sconveniente la vendita di Bot e Btp prima della scadenza. Ad esempio se un risparmiatore la scorsa settimana avesse investito 100mila euro nel Btp scadenza 2027, vendendolo oggi incasserebbe un poco meno di 93mila euro.

L’impennata dello spread potrebbe avere effetti rilevanti sui mutui e sui prestiti e in generale sul flusso del credito verso famiglie e imprese. Per chi detiene un mutuo a tasso fisso i movimenti dello spread non hanno alcun effetto. La sua rata rimarrà la stessa fino alla scadenza. Ciò in quanto i mutui a tasso fisso sono calcolati sul tasso interbancario Irs solo al momnento della stipula per l’erogazione del mutuo.

Per i mutui a tasso variabile nell’immediato non ci saranno riflessi. Questa tipologia di mutui è calcolata sulla base del tasso interbancario Euribor (fermo da un paio di anni) e da una maggiorazione decisa dalla banca. In questo tipo di mutuo varia solo la componente Euribor mentre lo spread stabilito dalla banca è fisso. Oggi sul mercato le banche chiedono in media una maggiorazione di 1,60% sull’Euribor con punte fino al 3% e livelli minimi dello 0,70%. Finora la crisi italiana non si è riflessa sull’Euribor ma se dovesse scattare un effetto contagio verso altri paesi euro quel tasso di riferimento uscirà dal torpore (nel 2011 aveva superato il 5%, oggi quello a sei mesi è intorno allo zero).

Discorso diverso per i nuovi mutui. Il commerciante (la banca) compra il prodotto (il denaro) ad un prezzo (tasso di scambio interbancario) e lo rivende alla sua clientela ricaricato di un margine di guadagno (spread). Se la banca vede salire il costo di acquisto del denaro farà salire il margine chiesto al cliente.

Le banche italiane detengono circa 300 miliardi di euro di titoli di Stato. Un deprezzamento del valore peserebbe sui bilanci e sul profilo patrimoniale spingendo le banche a politiche più restrittive nell’erogare prestiti e mutui e quindi chiedendo interessi più elevati.

I movimenti dello spread si riflettono subito sui titoli di Stato come visto con il Bot all’asta odiernaPiù interessi uguale a maggior onere del debito pubblico che l’anno scorso è stato pari a 63 miliardi. L’anno prossimo il tesoro dovrà collocare titoli per circa 420 miliardi di euro. Un aumento medio dell’1% dei tassi significa una maggiore spesa per interessi di 4,2 miliardi

Con lo spread ai livelli attuali la maggiore spesa annuale supererebbe i 6 miliardi l’anno. Come effetto trascinamento il rialzo dello spread incide sulle coperture assicurative degli investitori.

Diventati famosi nella crisi del 2008, i Cds (credit default swap) sono strumenti che consentono a un investitore di assicurare l’investimento contro il rischio di fallimento. Una settimana fa per garantirsi contro il default dell’Italia occorreva pagare 76 euro per assicurare 10mila euro investiti in Btp. Oggi ne servono 175, mentre per un i titoli di Germania, Francia e Gran Bretagna la cifra varia tra 11 e 20 euro. Ai Cds non fanno ricorso i piccoli risparmiatori ma i grandi investitori istituzionali come i fondi pensione che devono garantire l’erogazione delle pensioni.

L’allargamento dello spread si riflette anche sull’economia reale se il divario è destinato a essere consistente e per un lungo periodo. Le aziende che ricorrono ai mercati per raccogliere finanziamenti, emettono obbligazioni (come un titolo di Stato per caratteristiche) per le quali dovrebbero riconoscere premi più elevati ai sottoscrittori con conseguente aumento dei costi. Ma lo spread elevato renderà più costosi anche i prestiti bancari per le imprese italiane.

 

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