IL DOPO RENZI. TUTTO NELLE MANI DI MATTARELLA
In Primo Piano — By cidec on 2016/12/05 11:38
E adesso tocca all’arbitro. Da settimane ogni passo di Sergio Mattarella è orientato alla stabilità, ma lo schiaffo referendario sembra rendere impossibile un governo saldo con Matteo Renzi a Palazzo Chigi. Intendiamoci: per il Colle è sempre l’attuale capo dell’esecutivo a dover decidere se restare in sella. Non sarebbe certo il Capo dello Stato, insomma, a non favorire un “Renzi bis”. Ma sono la politica, e lo stesso leader, ad essere già passati al piano B. Toccherà allora al Presidente gestire un passaggio così traumatico. A partire dalla scelta del nuovo premier, che potrebbe uscire da una terna di nomi capaci, per ragioni diverse, di sbrogliare questa matassa infernale: Pier Carlo Padoan, Piero Grasso e Graziano Delrio. Con il ministro dell’Economia in pole.
Il tonfo di Renzi è stato fragoroso, impossibile ignorarlo. E però, per Mattarella, ogni ragionamento parte da una considerazione che discende dal suo ruolo di garante: un referendum non può considerarsi alle stregua di elezioni politiche. Se Renzi volesse tentare la carta del reincarico, magari dopo giorni di gravi tensioni sui mercati, non troverebbe insomma ostacoli. Il problema è che proprio il leader ha deciso di trarre le conseguenze politiche di questa sonora bocciatura della riforma. Ed ecco allora che entra in campo il Colle. Discretamente, Mattarella ha già tessuto una tela fatta di moral suasion e appelli alla responsabilità. Ne servirà parecchia, soprattutto per dribblare lo scoglio di una crisi senza sbocchi.
Tutto sarà più chiaro al termine delle consultazioni al Quirinale, con un’unica stella polare a guidare il Capo dello Stato: nessun governo potrà nascere contro Renzi e contro il Pd, che resta comunque la forza di maggioranza relativa in Parlamento.
I nomi, si diceva. Molto dipenderà dai paletti di Renzi. E ancor di più, se possibile, influiranno il contesto e le priorità del nuovo esecutivo. Se ad esempio dovesse rivelarsi concreto il timore di molti – e cioè che la vittoria del No affossi le Borse, destabilizzando lo spread e influenzando negativamente la partita delle banche – lo sbocco naturale diventerebbe quello di un esecutivo Padoan. Il ministro dell’Economia, giudicato in Europa garanzia di continuità, prenderà parte già stamane alla prevista riunione dell’Eurogruppo. “Certo che prepariamo una rete di protezione finanziaria – spiegava alcune settimane fa ai militanti preoccupati dal No – Non a caso il 5 dicembre mattina sarò a Bruxelles”.
C’è lo scenario Padoan, il più concreto. Se il sistema dovesse mostrarsi stabile, però, la battaglia della legge elettorale diventerebbe il cuore del risiko parlamentare. Ed è proprio con questo schema che una carta istituzionale come quella di Piero Grasso potrebbe affermarsi. Dalla sua, il Presidente del Senato vanta un buon rapporto con le opposizioni. E garantisce anche un vantaggio tattico all’attuale premier: non essendo renziano, consentirebbe al leader Pd di marcare una distanza da Palazzo Chigi, ottima per costruire la prossima campagna per le politiche.
E se invece dalla crisi uscisse un progetto di governo che ha come orizzonte la fine della legislatura? A quel punto Renzi potrebbe preferire una staffetta con un uomo di fiducia come Graziano Delrio. Renziano della prima ora, anzi “il primo dei renziani”, ha attraversato una fase complicata nei rapporti con il capo. Ultimamente, però, è tornato il sereno. Le altre due soluzioni politiche – meno probabili rispondono ai profili di Dario Franceschini e Paolo Gentiloni. Il primo resta uno degli azionisti di maggioranza del Pd e gode di un buon rapporto con il Colle. La sua ascesa, però, sarebbe mal digerita dai renziani. Il contrario del titolare della Farnesina, vicino a Renzi e per questo poco amato dal resto del partito.
Sullo sfondo emerge anche la figura di Romano Prodi. Nelle ultime ore settori crescenti del Partito democratico sono tornati a invocare a gran voce il suo nome. Una soluzione quotatissima tra le truppe dem, quindi, ma che si scontra con un dato di realtà: il Professore ha già fatto sapere di non essere interessato a un simile scenario. Suggestiva è anche la soluzione Emma Bonino. Curriculum internazionale, già commissaria europea negli anni Novanta, con un certo appeal nel mondo grillino. Complicato però che tra i dem si raggiunga un’intesa sul suo nome. Capitolo a parte, infine, per Giuliano Amato. Il suo identikit è in cima ai desideri del “partito dell’esperienza”, visto che il giudice della Corte costituzionale ha già guidato in due occasioni l’esecutivo. Ben visto anche nel centrodestra, meno da alcuni settori dell’opinione pubblica.
Se nessun nome dovesse conquistare una maggioranza, non si può escludere un rapido ritorno al voto con l’attuale premier ancora a Palazzo Chigi. La verità, comunque, è che il puzzle è appena saltato. E sembra terribilmente difficile ricomporlo, a maggior ragione senza Renzi.